Il pensiero

La decisione del democratico Asproni di condurre la lotta politica all'interno del Parlamento assume un valore determinante se paragonata a quella di molti altri patrioti; a suo modo egli individua nell'Assemblea uno «spazio di libertà» che era messo a disposizione dallo stato costituzionale, all'interno del quale era possibile lavorare per accrescere la libertà stessa. In quest'ottica il deputato sardo riconosceva nella libertà non una condizione di «tutto o nulla», ma anzi un valore che andava conquistato gradualmente. Ciò non toglie che ancora nel periodo preunitario Asproni si identificasse con il movimento rivoluzionario mazziniano, benché con il biennio 1848-49 le rivoluzioni europee avessero ormai esaurito la loro forza propulsiva.

Non tutti tra i repubblicani erano stati capaci di cogliere immediatamente la svolta europea del 1848, tardando a prendere atto che da quel momento in poi ogni movimento rivoluzionario non avrebbe più potuto avere una connotazione liberale, ma democratico-socialista. Nel decennio preunitario il principale obbiettivo del deputato Asproni fu l'indipendenza, e il suo pensiero, in sintonia con Mazzini, venne costantemente rivolto a una mobilitazione democratica che lo portò a precipitarsi a Napoli in occasione dell'impresa dei Mille.

L'indole antipiemontese e la dura condanna per gli eccessi e gli abusi negli interventi repressivi in Sardegna tra il 1852 e il 1855 a Sassari, Tempio e Oschiri non gli fecero perdere di vista il vero strumento di affrancamento dall'antico regime, lo Statuto.

Il decennio successivo, fino al 1870, vide il deputato bittese in grande fermento per il completamento dell'Unità. Per certi versi egli pospose la questione sarda a quella nazionale per la conquista di Roma capitale; non perse di vista le condizioni dell'isola, ma era convinto che senza una completa unificazione non sarebbe stato possibile un confronto sulle problematiche regionali, e dunque sarde. In questa fase rimase determinato nel sostenere l'opportunità di un moto per arrivare a Roma, appoggiando le iniziative garibaldine del 1862 e del 1867.

Dopo il 1870, tuttavia, la sua posizione nei confronti del movimento democratico sembrò cambiare; pur non riconoscendosi nella soluzione monarchica, da quel momento in poi rifiutò la prospettiva rivoluzionaria, perché un moto avrebbe potuto minare l'unità dello Stato nazionale che invece era da salvaguardare e rinsaldare soprattutto a livello politico. Il suo impegno parlamentare si intensificò portandolo a connotarsi come uno dei leaders della Sinistra, sostenendo un programma di rinnovamento attento ai temi sociali, dall'allargamento del suffragio alla riforma dell'istruzione.

L'esperienza parlamentare ormai ultraventennale gli avrebbe consentito di riflettere anche sulla collocazione politico-istituzionale della sua isola all'interno del nuovo Stato. Quello della Lega delle isole è un tema che ricorre spesso nel pensiero e negli scritti asproniani, specie in quelli giornalistici.

Alla base di questo concetto stava la consapevolezza della specificità delle isole. A sua detta l'Italia poteva «dividersi in due parti grandissime: peninsulare e insulare». Egli non auspicava una scissione tra la parte continentale e quella insulare del Regno; piuttosto sottolineava come «la terra, il cielo, il mare, il sole, l'aria che si respira, i costumi, le tradizioni, i sentimenti di famiglia hanno nelle isole un carattere così proprio che rari sono i continentali capaci d'intendere».

Dalla specificità scaturiva il concetto basilare del suo pensiero politico, quello dell'autonomia, intesa come responsabilità di autogoverno che «non pregiudica l'unità politica, ma assicura l'esercizio più ampio delle libertà nei Comuni e nelle province». L'attenzione e l'ammirazione con cui guardava ai sistemi federali dell'epoca, tanto quelli europei quanto quello americano, lo portò a riflettere sui modelli attraverso i quali tentare l'applicazione di quella formula anche al territorio italiano. È questo il contesto in cui nasce l'idea di una Lega delle isole, un vero e proprio ente autonomo facente parte del Regno d'Italia, articolato e strutturato per far fronte ai comuni problemi presenti nelle isole maggiori, Sardegna e Sicilia, e che avrebbe potuto rivolgersi anche alle isole minori sparse per il Mediterraneo, non necessariamente italiane.
Con quella proposta Asproni legava il suo nome a una tematica destinata a riemergere ciclicamente nella storia italiana, che andava al di là delle difficoltà oggettive che in quella specifica epoca storica il Parlamento avrebbe incontrato nel sostenerla. Ciò che interessa è cogliere quello che rappresenta in un certo senso il punto di arrivo della sua riflessione politica e dell'elaborazione di un modello federale applicabile alla specificità italiana.

Siamo lontani dall'impetuosità di molti anni prima, quando di fronte al rischio di cessione dell'isola alla Francia anche lui affacciò l'ipotesi di cacciare i piemontesi dall'isola con la lotta armata. Negli anni settanta l'ardore rivoluzionario aveva lasciato il passo al confronto politico in Parlamento, ed era maturata in lui la consapevolezza del ruolo che la Sardegna avrebbe potuto svolgere nel Mediterraneo se avesse goduto di margini di libertà nel campo dello sviluppo economico e commerciale.